La riabilitazione neurologica è continuamente alla ricerca di approcci innovativi per ottimizzare il recupero post-ictus, e l’esercizio aerobico acuto (EAA) sta emergendo come una strategia promettente. Questo articolo discute le evidenze tratte da una revisione sistematica sulle implicazioni neuroplastiche e comportamentali dell’EAA nei pazienti con ictus cronico.
L’esercizio aerobico acuto si riferisce a una singola sessione di attività fisica che coinvolge grandi gruppi muscolari, caratterizzata da movimenti ritmici e continui, eseguita per un periodo relativamente breve (di solito dai 5 ai 40 minuti) a intensità variabile. Questo tipo di esercizio stimola il sistema cardiovascolare e respiratorio, aumentando il consumo di ossigeno da parte del corpo.
Caratteristiche principali dell’esercizio aerobico acuto:
- Durata: Breve e limitata a una sola sessione, a differenza di programmi di esercizio cronico che coinvolgono un regime regolare e continuativo.
- Intensità: Può essere classificata in livelli di intensità variabile:
- Leggera: Come una camminata a passo moderato.
- Moderata: Corsa leggera, ciclismo su terreni pianeggianti.
- Vigorosa: Corsa intensa, pedalata su terreni inclinati o esercizi ad alta intensità.
- Modalità: Include attività come il tapis roulant, il ciclismo, la corsa, il nuoto, o altri esercizi che migliorano la capacità cardiovascolare.
- Effetti immediati: L’obiettivo principale dell’esercizio aerobico acuto è sfruttare i cambiamenti fisiologici e neurobiologici che si verificano subito dopo l’attività come l’aumento del flusso sanguigno cerebrale, la produzione di neurotrofine come il BDNF e la modulazione della plasticità cerebrale.
Effetti Neurofisiologici dell’Esercizio acuto
L’EAA, specialmente quando svolto a intensità moderata o vigorosa per una durata di 20-30 minuti, sembra avere effetti positivi su alcuni mediatori biologici della neuroplasticità. Tuttavia, le evidenze sono ancora contrastanti. Solo 2 su 8 studi inclusi nella revisione hanno mostrato un aumento significativo dell’ampiezza del potenziale evocato motorio (MEP) nella corteccia motoria primaria ipsilesionale. Questo parametro è strettamente legato all’eccitabilità corticomotoria (CME), una misura chiave della neuroplasticità. Altri studi hanno riportato effetti inibitori, come una diminuzione della CME o un aumento della latenza del MEP. Questi risultati, pur promettenti, necessitano di ulteriori conferme tramite studi con campioni più ampi.
Un aspetto cruciale è l’influenza dello stato del muscolo target durante l’esercizio (esercitato o a riposo). La letteratura suggerisce che l’EAA possa influire sia su muscoli esercitati che non esercitati, ma ulteriori ricerche sono necessarie per chiarire il ruolo di fattori specifici legati alla severità dell’ictus e alla capacità funzionale residua. Inoltre, gli effetti dell’EAA sui circuiti intracorticali, come l’inibizione intracorticale a breve intervallo (SICI) e la facilitazione intracorticale (ICF), sono limitati. Solo uno studio ha mostrato un aumento del rapporto SICI interemisferico, mentre gli altri non hanno riportato cambiamenti significativi. La variabilità metodologica tra gli studi, come la scelta delle intensità di stimolazione e il controllo dell’attività muscolare pre-stimolo, potrebbe spiegare queste discrepanze.
Marker Molecolari e Neuroplasticità
Il fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) è stato il biomarcatore più studiato. L’analisi suggerisce che esercizi aerobici moderati o vigorosi possano aumentare i livelli sierici di BDNF, con effetti di media entità. Tuttavia, non tutti gli studi hanno riportato risultati positivi, evidenziando l’importanza di standardizzare i protocolli di raccolta e analisi dei campioni.
I marcatori molecolari come il BDNF, il fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1) e il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) giocano un ruolo critico nella neuroplasticità post-ictus. Sebbene il BDNF sia il più studiato, l’incoerenza nei risultati è spesso attribuita a differenze metodologiche nella preparazione dei campioni e nelle condizioni genetiche individuali. Una variabile importante è la presenza del polimorfismo genetico Val66Met, che può ridurre la secrezione di BDNF del 25%. Questo aspetto genetico potrebbe influenzare il recupero post-ictus e merita ulteriori approfondimenti.
Gli studi suggeriscono che esercizi prolungati, condotti ad alta intensità per almeno 30 minuti, siano necessari per stimolare cambiamenti significativi nei livelli di BDNF. Ulteriori approfondimenti sono necessari per determinare il potenziale terapeutico dei marcatori molecolari in combinazione con esercizi specifici e personalizzati.
Apprendimento e Prestazioni Motorie
Gli effetti dell’EAA sull’apprendimento motorio e la conservazione delle abilità sono incoraggianti, ma non uniformi. Due studi hanno mostrato miglioramenti significativi nella conservazione delle abilità motorie e nell’adattamento sensori-motori in seguito a esercizi a intensità moderata-vigorosa. Tuttavia, altre ricerche non hanno evidenziato benefici, specialmente quando gli esercizi erano brevi (∼5 minuti) o coinvolgevano l’arto esercitato.
La fatica, il tipo di compito motorio e l’intensità dell’esercizio potrebbero influenzare i risultati. Ad esempio, compiti motori semplici, come test di tempo sul bersaglio o tempi di reazione, possono essere più sensibili ai cambiamenti indotti dall’esercizio. L’utilizzo di esercizi come l’High-Intensity Interval Training (HIIT) è stato proposto come un approccio promettente per massimizzare gli effetti neuroplastici. Il HIIT, combinando fasi di esercizio intenso e periodi di recupero attivo, ha mostrato potenziale per stimolare ritenzione motoria e miglioramenti neuroplastici anche nei pazienti post-ictus.
Conclusioni e Implicazioni Cliniche
L’EAA, specialmente a intensità moderata-vigorosa, rappresenta un potenziale strumento di priming per la riabilitazione post-ictus. Sebbene le evidenze siano preliminari, l’utilizzo di paradigmi di esercizio ottimizzati potrebbe migliorare l’efficacia degli interventi riabilitativi.
Gli studi suggeriscono che un approccio personalizzato, basato su parametri come l’intensità dell’esercizio, il tipo di compito motorio e le caratteristiche del paziente, possa massimizzare i benefici. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sull’identificazione di protocolli standardizzati che incorporino parametri neurofisiologici, molecolari e comportamentali. Un tale approccio integrato potrebbe fornire una base più solida per l’implementazione clinica dell’EAA nei programmi di riabilitazione neurofisioterapica.
È fondamentale continuare a esplorare i meccanismi neurofisiologici sottostanti e sviluppare protocolli personalizzati per massimizzare i benefici terapeutici nei pazienti colpiti da ictus.
Bibliografia
Sivaramakrishnan A, Subramanian SK. A Systematic Review on the Effects of Acute Aerobic Exercise on Neurophysiological, Molecular, and Behavioral Measures in Chronic Stroke. Neurorehabil Neural Repair. 2023 Feb-Mar;37(2-3):151-164.